Alcuni giorni fa ho ricevuto questa mail dalla mia amica Ludovica.
Non sono solito condividere la mia posta privata, ma ho pensato che questa riflessione di Ludovica fosse preziosa non solo per me come allenatore, educatore e genitore, ma potesse esserlo anche per tanti altri.
Ho chiesto il permesso a Ludovica e quindi con grande piacere riporto qui di seguito le sue parole illuminanti e che spero possano essere d’aiuto al cammino di tanti giovani.
“Ciao Gianni,
come sai, mi capita alcune volte di essere colpita da certe notizie, soprattutto quando riguardano qualcosa che ha a che fare con il mio presente o con il futuro mio e dei miei figli.
È stato così anche per la notizia del numero di NEET in Italia: 3.047.000 di giovani dai 15 ai 34 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in nessun percorso formativo
Tre milioni e quarantasettemila giovani!!!
Un numero incredibile, Gianni!!!
Se ci ripenso riprovo ancora adesso la stretta allo stomaco e la sensazione di paura, pensando al futuro dei miei due bimbi di 12 e 16 anni. Anche Giacomo e Alice diventeranno NEET?
Un’altra stretta allo stomaco!
Dovevo fare qualcosa e visto che per lavoro sono una ricercatrice, ho iniziato da quello che so fare: cercare più informazioni.
Di tutto quello che ho letto sono stata colpita dalla ripetizione di alcune parole: delusione, sfiducia, scoraggiamento, disillusione, rassegnazione.
È così ho ripensato a come mi sono sentita quando a 14 anni volevo qualificarmi ai campionati italiani juniores di salto in alto.
Un periodo caratterizzato da qualche bel salto, un tifo sfrenato dei miei genitori, il mio allenatore che vedeva in me la sua gloria, le mie ambizioni di andare un giorno chissà alle olimpiadi, e quella maledetta asticella posta qualche centimetro troppo in alto rispetto alle mie capacità, soprattutto dopo il leggero infortunio che mi fermò per un po’.
Essere esclusa dai campionati, fece crollare i miei sogni e il mio mondo. Ero svuotata di desideri.
Da quel momento, mettere l’asticella sempre troppo alta è diventata la mia filosofia di vita per un lungo periodo.
Ogni cosa la mettevo ad una altezza tale che non mi rimaneva altro che fantasticare sdraiata sul divano, sempre più sola, sempre più delusa, sfiduciata, scoraggiata, disillusa, rassegnata.
Ecco forse il punto: avere delle speranze talmente alte da rischiare un clamoroso tonfo nell’apatia.
Mi sono chiesta quindi cosa potessi fare per aiutare Giacomo e Alice a non rischiare questo “clamoroso tonfo nell’apatia” e penso sarà importante concentrarmi e portare la loro attenzione sulla bellezza del percorso, invece che sul risultato.
Dovremo guardare alle relazioni con le persone che incontrano, sdrammatizzare i risultati non soddisfacenti, cercare di riconoscere il positivo del piccolo passo, affrontare le fatiche senza nevrosi e senza enfasi inutili.
La scuola, lo sport ed il nostro tempo libero possono essere terreni fertili dove mettere in campo queste modalità, ma soprattutto i desideri devono scaturire dai ragazzi stessi, dalla loro interiorità e non da pressioni esterne.
Cosa ne pensi?
È molto bello sognare di essere un grande giocatore di basket come Le Bron James, ma educare ed educarsi a un desiderio possibile, che alimenta un’immagine positiva di sé nel quotidiano è la vera sfida educativa che mi aspetta con Giacomo ed Alice.
Da stasera si inizia!
Gianni, fammi gli auguri, ne avrò bisogno :D”
Grazie Ludovica per le tue parole e auguri!